HomeSport Il ritorno di Zeman con un 5 a 0 del Pescara riaccende il sogno

Il ritorno di Zeman
e quei 5 gol del Pescara
che riaccendono il sogno

Dalla discesa all'ultimo posto

alla rinascita con il Boemo

di Simone Alliva20 Febbraio 2017
20 Febbraio 2017

Nel momento in cui l’arbitro fischia la fine quello che separa Zeman da Juric sono cinque gol, la capacità di crederci fino in fondo, di insistere, resistere, di non smettere mai di sentirsi all’altezza del compito e della storia. Alla fine la distanza tra il Pescara e Genoa è questa, e si misura sul campo dello stadio Adriatico. La sconfitta contro il Pescara è stata l’ultima spinta verso l’esonero di Juric, che Preziosi già stava meditando. Il presidente rossoblù valuterà tra Mandorlini, Reja e Stramaccioni. Ieri 300 tifosi hanno contestato la squadra al ritorno. Juric non è però riuscito a ricreare il giusto feeling con la squadra, che ha collezionato dodici sconfitte ed è ora quint’ultimo in classifica, con 25 punti. Dall’altra parte del campo Zeman, settant’anni, riesce nel miracolo. Gli sono bastati tre giorni per resuscitare il Pescara, 5 gol, gioco in libertà e una formula vincente che non tramonta mai. “Hanno fatto tutto i ragazzi, io ho dato una piccola base”. L’orgoglio dei suoi ragazzi, la capacità di pensare di volere e di non mollare la presa fino al traguardo. Il successo è una formula passata agli annali: il quinto gol di Cerri, ad esempio, è un bignami del suo credo nel 4-3-3, con il movimento a uscire dell’esterno e l’inserimento del terzino; il secondo, invece, arriva su uno schema da manuale da calcio d’angolo. “Erano anni che lo provavo e non avevamo mai segnato”. Non è mai troppo tardi per Zeman, evidentemente. “Non vinceremo sempre 5-0, anzi vorrei vincere la prossima 1-0. Si può essere ultimi ma con dignità” dice in sala stampa. E pazienza se alla fine il Pescara retrocederà in serie B: “La salvezza è lontanissima ma non penso sia finita”. Da martedì, annuncia il Boemo, si ricomincia a lavorare “faremo i mille metri”. Una rinascita per quella che era diventata la peggior formazione d’Europa della stagione. La convinzione che “non c’è nulla di disonorevole nell’essere ultimi, meglio ultimi che senza dignità”

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